sabato 11 giugno 2011

Calzette teutoniche

Premetto che adoro lavorare a maglia.
Sara' pure un hobby da vecchietta o da sfigata, ma a me rilassa un sacco.
Ho imparato i punti base da mia zia che ero una bambinetta, ma non ho mai avuto tempo per dedicarmici seriamente. In Irlanda, nonostante Alice ed il lavoro full time, riuscivo sempre a trovare un po' di tempo libero per me. Un giorno ho deciso che avrei fatto qualcosa a maglia per la mia secondogenita: ho comprato un bel gomitolone di lana color panna e due ferri da Hickey e mi sono messa su internet alla ricerca di filmati e spiegazioni. Per farvela breve, in tre mesi ho realizzato una deliziosa copertina ed ancora non mi sembra vero. Beh... ad essere sincera qualche errore c'e' ma, come prima "opera", posso ritenermi ampiamente soddisfatta. Da allora m'ha preso 'sta febbre e, appena posso, mi metto a sferruzzare, anche soltanto per il gusto di farlo.
Adesso sto preparando una copertina - completamente diversa da quella fatta per Maya - per la nascita di Fabrizio, il mio nuovo nipotino.
Il progetto e' abbastanza ambizioso, lo schema e' piuttosto complicato, tant'e' vero che ci lavoro da paio di settimane e l'ho gia' sfilato una settantina di volte, tipo tela di Penelope. Il tempo stringe ed ogni istante e' prezioso, quindi mi metto a sferruzzare appena ho trenta secondi di tempo consecutivi ed in ogni dove.
Per andare a prendere Alice all'asilo, come ogni pomeriggio, da oramai tre mesi a questa parte, ieri mi trovavo nel bus emmeundici che da Lichterfelde Ost mi conduce fino alla Frei Universitaet.
Prima di salire dalla porta centrale col passeggino gemellare (che, dato il peso di Alice ed i maltrattamenti subiti durante i numerosi viaggi da parte del personale addetto allo stivaggio aereo, ha ormai la maneggevolezza di un carrarmato arrugginito) mostro - sventolandolo con diligenza - il mio abbonamento al conducente che, con un gesto della mano, mi comunica di avermi visto ed al contempo mi prega di smetterla di dimenarmi come un'ossessa. Prendo posto sul sedile pieghevole dietro al mio carrozzino e tiro fuori la mia borsa con ferri e lana. Dopo un paio di fermate scorgo con la coda dell'occhio una tizia giunonica che, con guizzo felino, si alza improvvisamente dal suo posto per sedersi proprio dietro di me. Dopo due nanosecondi mi accorgo che la tipa ha allungato il collo e fissa le mie mani che lavorano. Siccome avverto il suo fiato sul collo e la cosa e' tutt'altro che piacevole, mi volto. La tipa ha un'eta' indefinita (e portata malissimo comunque), centocinquanta chili di stazza teutonica, sandalo Birkenstock a tre fibbie con calzino bianco ed un capello che piu' biondo non si puo'. Mi parla in tedesco agitando l'indice della mano destra ed io le rispondo balbettando "I'm sorry, I can't speak German". Mentre formulo la frase, credo di aver realizzato il motivo del suo repentino cambio di postazione. Ecco, mi sta rimproverando perche' sto infrangendo le severe norme di sicurezza della BVG che prevedono di certo il divieto - oltre che della consumazione di gelati, leccalecca, bibite e panini all'interno dell'autobus (quest'ultimo segnalato con appositi cartelli gialli in tutti i veicoli) - di utilizzo di ferri da calza che potrebbero mettere in serio pericolo l'incolumita' dei passeggeri. Improvvisamente avvedutami dell'imperdonabile inosservanza, sono arrossita come un Sanmarzano con le orecchie pulsanti ed ho cominciato ad elaborare mentalmente una scusa plausibile per evitare la lapidazione collettiva nell'autobus.
La tipa mi sorride e mi dice in inglese che lei il punto diritto lo lavora in un altro modo.
Coooooosaaaa???
Mi prende i ferri di mano e mi spiega sillabando, con lenti ma sapienti movimenti delle mani, come fare per ottenere una maglia piu' forte e per lavorare piu' velocemente. Ma va bene anche il mio punto, sua nonna di origine turca lo lavorava come me.
Il mio stile e' old fashoned.
Mi tremano le gambe per il calo di tensione, sono totalmente ipotesa. Sto per venir meno.
Lei continua imperturbabile: a Steglitz c'e' un negozio fornitissimo, la proprietaria e' molto disponibile e ti spiega tutto, ma proprio tutto quello che ti serve per lavorare! E' un po' anziana e parla solo tedesco, ma tanto il linguaggio della maglia e' universale! Ci arrivi col centottantuno, scendi due fermate dopo Nonhocapitounaceppaplatz, all'angolo con la Berliner Bank.
Ho la salivazione azzerata e la vista offuscata.
Il bus si ferma, lei guarda fuori, si scusa, dice che ora deve scappare che' e' proprio la sua fermata, mi stringe la mano sudata e scompare. Cerco di ricompormi e di assumere un'aria indifferente.
Certo che 'sti crucchi sono proprio strani!
Sembrano tutti antipatici e poi non lo sono affatto.
Non mi danno il tempo di formulare un pregiudizio, che me lo smontano subito!
Riflettendo su queste curiose antinomie, mi volto in avanti e mi accorgo con orrore che intanto Maya, profittando della mia disattenzione, ha afferrato e scaraventato a terra tutti gli opuscoli della BVG, ne ha ridotto buona parte in piccoli brandelli e che sta masticando con gran gusto pezzi di pagine colorate.
Le salto praticamente addosso e tento di farle sputare quella roba infilandole l'indice in bocca. Niente da fare, la streghetta mi fissa divertita e serra le mandibole. Allora le tappo il naso con la mano sinistra e, con pollice ed indice della mano destra, tento una pressione delicata ma decisa sulle guance. Lei, in apnea, oppone strenua resistenza e cede soltanto in avanzato stato di cianosi.
Riesco a tirar via dal pavimento quel macello giusto in tempo per scendere alla fermata di Thiellallee.
Uff... che giornata!
Beh, almeno adesso so che lavorare a maglia in autobus non e' vietato!!

domenica 29 maggio 2011

Votate, votate, votate!




Miei cari concittadini,
vi prego, vi supplico, vi imploro: non consegnate la nostra gia' martoriata citta' in mano ad un bottegaio traffichino con la faccia da contrabbandiere. Mettete, per una volta sola, da parte l'egoismo e ragionate per il bene dei vostri figli, dei vostri nipoti.
Dimostrate, una sola volta nella vita, di avere la schiena dritta e di aborrire il malaffare e la camorra.
Una volta nella vita, una volta soltanto, agite nel vostro interesse e nell'interesse dei vostri concittadini.
Vi prego, vi supplico, vi imploro: non siate complici nel trascinare nel baratro la vostra citta'.

mercoledì 18 maggio 2011

A spasso per Pacellialee



Da quando abitiamo a Berlino, ogni mattina, per portare Alice al kindergarten, percorro a piedi Pacelliallee, un meraviglioso viale alberato costeggiato da splendide ville.
Una mattina, passando davanti al giardino di una di queste, sono stata folgorata da questo geniale cartello:

DON'T EVEN THINK OF PARKING HERE

Mi sono letteralmente sganasciata dalle risate sotto gli occhi perplessi delle mie bambine.
Quando avro' un passo carraio tutto mio ci mettero' lo stesso cartello!
Quando si dice la perentorieta' tedesca...  

domenica 15 maggio 2011

Pink blues


Visualizzazione ingrandita della mappa

Era un triste e piovoso Agosto quando andammo ad abitare ad Ennis, un paesino di venticinquemila anime nel cuore del county Clare, in Irlanda.
L'umidita' ti entrava nelle ossa e sciupava anche la piu' ostinata delle messe in piega.
Stavamo in una enorme casa rosa al numero uno di Victoria Court, dove ho trascorso i sei mesi piu' deprimenti della mia vita.
Anzitutto avrei voluto incontrare il proprietario per chiedergli in seguito a quale memorabile hangover avesse deciso di posare la moquette in uno dei bagni al piano di sopra ed il linoleum e squallide tende verticali nella camera da pranzo.
Immaginavo che la tipa dell'agenzia immobiliare, che aveva rifilato quel clamoroso pacco a mio marito, fosse una sventola coi fiocchi, visto che lui pareva non essersi accorto del fatto che non ci fosse la lavastoviglie, che il forno ignorasse completamente l'esistenza dei detergenti e che il bagno del pianterreno sprigionasse costantemente un sinistro puzzo di cherosene.
Per di piu' una bella mattina, mentre ero al piano di sopra ad allattare Alice, mi ritrovo per casa due individui che, senza dire una parola, tirano fuori i pennelli e si mettono a tinteggiare gli infissi. Uno dei due sembrava Richard O'Brien ai tempi del Rocky Horror Picture Show, solo piu' grosso e piu' scontroso.
Quando, infine, tinsero la porta d'ingresso color rosso-lacca non osai replicare, ma due grossi lacrimoni mi rigarono le guance.
Per placare la mia ira, mio marito provo' a convincermi  che, sicuramente, si trattava solo di antiruggine - sul legno??- e che si', presto, la porta avrebbe avuto un colore consono alla tonalita' rosa pastello delle pareti esterne.
Le settimane passavano, uguali e noiose, con le richieste d'amicizia su Facebook di gente ignota o incontrata di sfuggita vent'anni prima  al mattino ed il gelato honeycomb e  le repliche sottotitolate di Friends al pomeriggio. Mi tenevo occupata sfornando compulsivamente pane e dolci e compromettendo seriamente il mio peso-forma.
Alice cresceva a vista d'occhio e mi rallegrava le giornate quel tanto che bastava ad accantonare l'idea di fare le valigie e saltare sul primo aereo per l'Italia.
Almeno una volta al giorno mi chiedevo quale peccato stessi espiando in quel purgatorio detached a due piani   con giardino, ma proprio non riuscivo a darmi una risposta.
Dopo tre tentativi di uscita a passeggio miseramente falliti, rinunciai: come ficcavo Alice nel Quinny - una specie di fuoriserie nella sua categoria - cominciava ad urlare che pareva posseduta da Vittorio Sgarbi e, dopo i quattordici minuti e trentatre' secondi occorrenti per fare a piedi il giro completo del paese, mi rassegnavo a portarla in braccio ed a spingere fino a casa il passeggino vuoto.    
Arrivo' l'inverno e la casa rivelo' un altro aspetto di se' che mi fece pregare ardentemente affinche' il padrone di casa contraesse una o piu' malattie veneree: era gelida.
Riuscivamo a non assiderarci soltanto tenendo il riscaldamento acceso a manetta e, appena provavamo a spegnere, la casa ripiombava quasi istantaneamente in un freddo polare.
Dopo aver rabboccato il carburante dell' enorme serbatoio (a botte di duecento euro a volta) per ben due volte in un mese, ci colse l'atroce sospetto che ci fosse una perdita nell'impianto, dubbio suffragato dagli atroci miasmi di petrolio provenienti dalla lavanderia.
Intimai a Raniero di chiamare il landlord e lui, nella sua immensa misericordia, ci mando' un idraulico.
I plumbers irlandesi sono figure mitologiche antropomorfe con la Guinnes al posto del sangue e le capacita' intellettive di un'ameba marcia.
Questo genio dell'idraulica, dopo un'attenta analisi, mi disse che la puzza del pianterreno era  certamente candeggina.
Il mio inglese incerto di allora non mi consenti' una pur legittima colluttazione verbale, quindi cercai di veicolare la mia furia omicida in un contraddittorio costruttivo. Gli feci notare che non c'era traccia di candeggina in casa e che doveva piuttosto trattarsi di una perdita. Lui mi fisso', espressivo come una cernia imbalsamata, ed annui'.
Chiaramente il proprietario non fece mai riparare l'impianto e immagino che abbia smesso di affittare quella casa per dedicarsi alla piu' redditizia attivita' di estrazione di petrolio dal giacimento formatosi, con il nostro decisivo contributo, nel sottosuolo del giardino.
A distanza di qualche anno, di tanto in tanto, mi scopro ancora ad augurare al padrone di casa - fervidamente e con tutto il mio cuore - di gettare il sangue...

venerdì 15 aprile 2011

Galanterie d'altri tempi (ovvero la genesi di questo blog)

L'altra sera, in videochiamata Skype con il mio adorato consorte, mio suocero, disquisendo allegramente della differenza di costituzione fisica tra le mie due figliolette, con una galanteria degna d'altri tempi, mi ha definito "cavalla". Inutile dire che questo epiteto mi ha lasciata interdetta e piuttosto infastidita. Mio marito, ben conoscendomi e temendo forse un incidente diplomatico, ha prontamente interrotto la comunicazione, dicendo al padre che doveva correre a rabboccare la biada, onde evitare che mi imbizzarrissi in cucina dinanzi alle bambine.
E, siccome siamo persone piu' o meno civili, ho desistito dall'idea folle di replica o di analoga similitudine col mondo animale (anche se ne avrei avuto ben d'onde, vista la notevole stazza del soggetto).
Una volta raffreddati i bollenti spiriti, riflettendoci su, forse mi sarei incazzata di piu' se mi avesse definita "vacca" o "gallina". Il cavallo, tutto sommato, e' un animale bello, forte e piuttosto intelligente. Inoltre, tutte le allusioni maliziose che sono scaturite di li' a poco dalla mente perversa di mio marito, ci hanno regalato attimi di sublime ed ilare piacere.
In realta', pensando a tutto quello che e' successo in questi anni, a tutto quello che comporta la mia vita di emigrante, con due bimbe piccole e senza alcun ausilio familiare, la similitudine non mi pare poi cosi' peregrina. Anzi! Potrei perfino sentirmi lusingata dall'analogia equina.
Mi son detta, pensando con orrore alle mie mollicce conoscenze femminili vicine e lontane, che incarnano esattamente il modello piu' aberrante del cosiddetto sesso debole, "beh, in effetti non siamo mica femminucce!"
Eureka, non sono una femminuccia.
Ho trentasette anni suonati, sono mamma e moglie soddisfatta, momentaneamente disoccupata, causa ennesimo-spostamento-del-marito-in(piena-e-fulgida)-carriera.
Ho lavorato nove anni per una societa' finanziaria in Italia e quasi due per una multinazionale americana in Irlanda, ora viviamo a Berlino e, per il momento, mi "limito" a fare da babysitter a tempo pieno, lavare, stirare, cucinare, far la spesa, rassettare, spolverare e tutte quelle amene attivita' casalinghe che noi donne amiamo tanto.
Insomma, sono una che si fa un discreto mazzo, non c'e' che dire...
Adesso mi tocca imparare un po' del dolce e musicale linguaggio dei crucchi, se voglio tornare ad avere una mia indipendenza economica e un'alibi per star fuori casa una quantita' di ore tale da ripristinare il mio equilibrio psichico...
Ad ogni modo sono felice, la vita raminga mi ha dato modo di prendere le distanze da me stessa ed osservarmi con occhi differenti. Fino ad un certo punto della mia vita, ho creduto di essere fatta in un certo modo, poi sono saltate fuori risorse che non immaginavo neanche lontanamente di avere. Insomma, la lontananza dal mio ambiente d'origine e la necessita' di cavarmela da sola hanno giocato decisamente a mio favore.
Devo ammettere che questa mia palingenesi si e' riflettuta positivamente sul resto della famiglia: io ed il mio eterno drudo siamo piu' innamorati che mai e le bambine sono allegre e vivaci.
Sapere di essere la locomotiva del treno mi lusinga e mi gratifica ma... la prossima volta che mio suocero si azzarda a darmi della "cavalla", lo mando a cagare in diretta.
Per principio!