domenica 29 maggio 2011

Votate, votate, votate!




Miei cari concittadini,
vi prego, vi supplico, vi imploro: non consegnate la nostra gia' martoriata citta' in mano ad un bottegaio traffichino con la faccia da contrabbandiere. Mettete, per una volta sola, da parte l'egoismo e ragionate per il bene dei vostri figli, dei vostri nipoti.
Dimostrate, una sola volta nella vita, di avere la schiena dritta e di aborrire il malaffare e la camorra.
Una volta nella vita, una volta soltanto, agite nel vostro interesse e nell'interesse dei vostri concittadini.
Vi prego, vi supplico, vi imploro: non siate complici nel trascinare nel baratro la vostra citta'.

mercoledì 18 maggio 2011

A spasso per Pacellialee



Da quando abitiamo a Berlino, ogni mattina, per portare Alice al kindergarten, percorro a piedi Pacelliallee, un meraviglioso viale alberato costeggiato da splendide ville.
Una mattina, passando davanti al giardino di una di queste, sono stata folgorata da questo geniale cartello:

DON'T EVEN THINK OF PARKING HERE

Mi sono letteralmente sganasciata dalle risate sotto gli occhi perplessi delle mie bambine.
Quando avro' un passo carraio tutto mio ci mettero' lo stesso cartello!
Quando si dice la perentorieta' tedesca...  

domenica 15 maggio 2011

Pink blues


Visualizzazione ingrandita della mappa

Era un triste e piovoso Agosto quando andammo ad abitare ad Ennis, un paesino di venticinquemila anime nel cuore del county Clare, in Irlanda.
L'umidita' ti entrava nelle ossa e sciupava anche la piu' ostinata delle messe in piega.
Stavamo in una enorme casa rosa al numero uno di Victoria Court, dove ho trascorso i sei mesi piu' deprimenti della mia vita.
Anzitutto avrei voluto incontrare il proprietario per chiedergli in seguito a quale memorabile hangover avesse deciso di posare la moquette in uno dei bagni al piano di sopra ed il linoleum e squallide tende verticali nella camera da pranzo.
Immaginavo che la tipa dell'agenzia immobiliare, che aveva rifilato quel clamoroso pacco a mio marito, fosse una sventola coi fiocchi, visto che lui pareva non essersi accorto del fatto che non ci fosse la lavastoviglie, che il forno ignorasse completamente l'esistenza dei detergenti e che il bagno del pianterreno sprigionasse costantemente un sinistro puzzo di cherosene.
Per di piu' una bella mattina, mentre ero al piano di sopra ad allattare Alice, mi ritrovo per casa due individui che, senza dire una parola, tirano fuori i pennelli e si mettono a tinteggiare gli infissi. Uno dei due sembrava Richard O'Brien ai tempi del Rocky Horror Picture Show, solo piu' grosso e piu' scontroso.
Quando, infine, tinsero la porta d'ingresso color rosso-lacca non osai replicare, ma due grossi lacrimoni mi rigarono le guance.
Per placare la mia ira, mio marito provo' a convincermi  che, sicuramente, si trattava solo di antiruggine - sul legno??- e che si', presto, la porta avrebbe avuto un colore consono alla tonalita' rosa pastello delle pareti esterne.
Le settimane passavano, uguali e noiose, con le richieste d'amicizia su Facebook di gente ignota o incontrata di sfuggita vent'anni prima  al mattino ed il gelato honeycomb e  le repliche sottotitolate di Friends al pomeriggio. Mi tenevo occupata sfornando compulsivamente pane e dolci e compromettendo seriamente il mio peso-forma.
Alice cresceva a vista d'occhio e mi rallegrava le giornate quel tanto che bastava ad accantonare l'idea di fare le valigie e saltare sul primo aereo per l'Italia.
Almeno una volta al giorno mi chiedevo quale peccato stessi espiando in quel purgatorio detached a due piani   con giardino, ma proprio non riuscivo a darmi una risposta.
Dopo tre tentativi di uscita a passeggio miseramente falliti, rinunciai: come ficcavo Alice nel Quinny - una specie di fuoriserie nella sua categoria - cominciava ad urlare che pareva posseduta da Vittorio Sgarbi e, dopo i quattordici minuti e trentatre' secondi occorrenti per fare a piedi il giro completo del paese, mi rassegnavo a portarla in braccio ed a spingere fino a casa il passeggino vuoto.    
Arrivo' l'inverno e la casa rivelo' un altro aspetto di se' che mi fece pregare ardentemente affinche' il padrone di casa contraesse una o piu' malattie veneree: era gelida.
Riuscivamo a non assiderarci soltanto tenendo il riscaldamento acceso a manetta e, appena provavamo a spegnere, la casa ripiombava quasi istantaneamente in un freddo polare.
Dopo aver rabboccato il carburante dell' enorme serbatoio (a botte di duecento euro a volta) per ben due volte in un mese, ci colse l'atroce sospetto che ci fosse una perdita nell'impianto, dubbio suffragato dagli atroci miasmi di petrolio provenienti dalla lavanderia.
Intimai a Raniero di chiamare il landlord e lui, nella sua immensa misericordia, ci mando' un idraulico.
I plumbers irlandesi sono figure mitologiche antropomorfe con la Guinnes al posto del sangue e le capacita' intellettive di un'ameba marcia.
Questo genio dell'idraulica, dopo un'attenta analisi, mi disse che la puzza del pianterreno era  certamente candeggina.
Il mio inglese incerto di allora non mi consenti' una pur legittima colluttazione verbale, quindi cercai di veicolare la mia furia omicida in un contraddittorio costruttivo. Gli feci notare che non c'era traccia di candeggina in casa e che doveva piuttosto trattarsi di una perdita. Lui mi fisso', espressivo come una cernia imbalsamata, ed annui'.
Chiaramente il proprietario non fece mai riparare l'impianto e immagino che abbia smesso di affittare quella casa per dedicarsi alla piu' redditizia attivita' di estrazione di petrolio dal giacimento formatosi, con il nostro decisivo contributo, nel sottosuolo del giardino.
A distanza di qualche anno, di tanto in tanto, mi scopro ancora ad augurare al padrone di casa - fervidamente e con tutto il mio cuore - di gettare il sangue...

venerdì 15 aprile 2011

Galanterie d'altri tempi (ovvero la genesi di questo blog)

L'altra sera, in videochiamata Skype con il mio adorato consorte, mio suocero, disquisendo allegramente della differenza di costituzione fisica tra le mie due figliolette, con una galanteria degna d'altri tempi, mi ha definito "cavalla". Inutile dire che questo epiteto mi ha lasciata interdetta e piuttosto infastidita. Mio marito, ben conoscendomi e temendo forse un incidente diplomatico, ha prontamente interrotto la comunicazione, dicendo al padre che doveva correre a rabboccare la biada, onde evitare che mi imbizzarrissi in cucina dinanzi alle bambine.
E, siccome siamo persone piu' o meno civili, ho desistito dall'idea folle di replica o di analoga similitudine col mondo animale (anche se ne avrei avuto ben d'onde, vista la notevole stazza del soggetto).
Una volta raffreddati i bollenti spiriti, riflettendoci su, forse mi sarei incazzata di piu' se mi avesse definita "vacca" o "gallina". Il cavallo, tutto sommato, e' un animale bello, forte e piuttosto intelligente. Inoltre, tutte le allusioni maliziose che sono scaturite di li' a poco dalla mente perversa di mio marito, ci hanno regalato attimi di sublime ed ilare piacere.
In realta', pensando a tutto quello che e' successo in questi anni, a tutto quello che comporta la mia vita di emigrante, con due bimbe piccole e senza alcun ausilio familiare, la similitudine non mi pare poi cosi' peregrina. Anzi! Potrei perfino sentirmi lusingata dall'analogia equina.
Mi son detta, pensando con orrore alle mie mollicce conoscenze femminili vicine e lontane, che incarnano esattamente il modello piu' aberrante del cosiddetto sesso debole, "beh, in effetti non siamo mica femminucce!"
Eureka, non sono una femminuccia.
Ho trentasette anni suonati, sono mamma e moglie soddisfatta, momentaneamente disoccupata, causa ennesimo-spostamento-del-marito-in(piena-e-fulgida)-carriera.
Ho lavorato nove anni per una societa' finanziaria in Italia e quasi due per una multinazionale americana in Irlanda, ora viviamo a Berlino e, per il momento, mi "limito" a fare da babysitter a tempo pieno, lavare, stirare, cucinare, far la spesa, rassettare, spolverare e tutte quelle amene attivita' casalinghe che noi donne amiamo tanto.
Insomma, sono una che si fa un discreto mazzo, non c'e' che dire...
Adesso mi tocca imparare un po' del dolce e musicale linguaggio dei crucchi, se voglio tornare ad avere una mia indipendenza economica e un'alibi per star fuori casa una quantita' di ore tale da ripristinare il mio equilibrio psichico...
Ad ogni modo sono felice, la vita raminga mi ha dato modo di prendere le distanze da me stessa ed osservarmi con occhi differenti. Fino ad un certo punto della mia vita, ho creduto di essere fatta in un certo modo, poi sono saltate fuori risorse che non immaginavo neanche lontanamente di avere. Insomma, la lontananza dal mio ambiente d'origine e la necessita' di cavarmela da sola hanno giocato decisamente a mio favore.
Devo ammettere che questa mia palingenesi si e' riflettuta positivamente sul resto della famiglia: io ed il mio eterno drudo siamo piu' innamorati che mai e le bambine sono allegre e vivaci.
Sapere di essere la locomotiva del treno mi lusinga e mi gratifica ma... la prossima volta che mio suocero si azzarda a darmi della "cavalla", lo mando a cagare in diretta.
Per principio!